KIRGHIZISTAN BOY

testo e regia Daniela Nicosia
interprete Walter Maconi
scene e costumi Anusc Castiglioni
disegno luci  Stefano Mazzanti
tecnico luci e suono Paolo Fogliato
una coproduzione  Pandemonium Teatro - Tib Teatro

Kirghizistan Boy è il racconto del viaggio di Sylvie e Samuel. La storia di un viaggio salvifico tra le distese del Kirghizistan. È il racconto di una madre che nella vita ha smarrito desideri ed obiettivi, e di un figlio che si sta perdendo, nell’aggressività mista ad apatia, nella violenza e nel risentimento venato di intolleranza.

Questo viaggio in un altrove sconosciuto e indecifrabile, il Kirghizistan, tra praterie sterminate, ripidi pendii, cieli stellati - paesaggi sconfinati e infiniti silenzi - insieme all’incontro con un popolo straordinario e all’apparenza così lontano,  regalerà ai due l’opportunità di conoscersi davvero, di mettersi a nudo, di capire le cose fondamentali e di sentirsi più vivi che mai. Al di là dell’evidenza e, malgrado il violento antefatto che lo determina, questo viaggio regalerà loro la possibilità di un futuro.
La vita riserva sempre rovesci improvvisi, l’importante e non mollare mai, è saper ridisegnare con fiducia la propria esistenza.

Uno spettacolo che è scoperta degli altri e di sé stessi, contro i limiti e le distorsioni di un razzismo sempre in agguato. In scena la necessità di un adolescente di aprirsi al mondo senza pregiudizi, e un amore, quello materno, così forte da travolgere ogni cosa. 

 

NOTE DI REGIA

Ho cercato le parole del cuore, quelle di una madre e di un figlio, alla ricerca di un possibile dialogo nelle maglie delle loro esistenze; di dar voce ai loro silenzi, ai loro desideri. Nell’essenzialità di una messinscena senza orpelli, ho affidato il movimento alla parola, al flusso di parole affidate ad un interprete-narratore che riattraversa il tempo, le vicende narrate, il vissuto dei protagonisti con spietata obiettività, senza retorica, mostrando la parte oscura di ognuno.

Gli effetti sonori - rari, distillati - che ho scelto, concorrono ad esaltare i silenzi interiori, si fanno spazio quali voci di dentro e unitamente al disegno luci, volto ad isolare il dettaglio, evocano paesaggi emotivi.

Un atto di bullismo, la violenza iniziale, incipit della storia, è ciò che permette alla madre di staccarsi dall’immobilità di una esistenza senza più ambizioni, annegata in un’onda malsana di alcool e sigarette, e di fare uno scatto in avanti; ne è motore l’amore per il figlio adolescente, dalla cui crescita si è forse, inconsapevolmente, distratta. Quanto ne segue, fino alla non scontata conclusione della storia, è un percorso continuamente interrotto, fatto di scontri, di silenzi, di colpi di scena, che laddove sembra sanarsi torna invece a spezzarsi, a riproporre dolore e senso di inadeguatezza. E forse è proprio così: tutti siamo inadeguati rispetto alle esistenze altrui, finché in esse non ci immergiamo con amore, senza pregiudizi, senza paure. Solo così è possibile ridisegnare la propria vita, anche laddove si è toccato il fondo, alzando lo sguardo, accogliendo l’altro, abbracciando la diversità delle umane esperienze.”

daniela nicosia